La sindrome dell’abbandono

Cos’è l’a sindrome dell’abbandono e come influenza le nostre relazioni amorose, il più delle volte sabotandole? Ma soprattutto come si sconfigge?

L’amore può portare ansia e addirittura farci arrivare alla famigerata sindrome dell’abbandono? Molte persone sperimentano una vera e propria ansia nelle relazioni amorose. Teniamo conto che questa può subentrare in qualsiasi fase del rapporto. Sembrerà assurdo ma spesso arriva anche quando le cose vanno bene.

Cosa la scatena? Può accadere, infatti, che arrivino dubbi. Oppure che improvvisamente si avvertano poche certezze all’interno del rapporto. Tutto ciò avvia un circolo di costanti pensieri negativi e preoccupazioni. Alla lunga si può arrivare a creare un vero e proprio ostacolo per quanto riguarda i sentimenti ed il proseguimento della relazione stessa.

L’ansia (di qualsiasi tipo) è una condizione psichica – in linea di massima consapevole – caratterizzata da sensazioni di paura, panico, tensione generale. Queste possono derivare da stimoli soggettivi od oggettivi.

A proposito di ansia, sapevate che…?

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L’ansia (avete letto gli altri articoli? Cliccate QUI per recuperare tutto!) è spesso associata a sintomi corporei. Vi faccio qualche esempio:

  • palpitazioni
  • senso di oppressione al petto
  • affanno
  • tremori
  • insonnia
  • sentimenti depressivi.

Può accadere, infatti, che l’ansia sviluppatasi nella relazione si ripercuota nelle altre aree della vita della persona. Il vero problema è che può arrivare sino a comprometterle. Ecco perché non andrebbero mai sottovalutate.

Vorrei occuparmi in questa sede di una specifica paura che si manifesta in alcune persone in quasi tutte le relazioni intime la paura dell’abbandono o per meglio dire la sindrome dell’abbandono.

Concentriamoci sulla sindrome dell’abbandono

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Paliamo di un vero e proprio forte sentimento angoscioso in cui spesso, a causa di vissuti infantili, non è stato possibile creare un rapporto di fiducia con l’altro. Quello che Margaret Mahler nel 1975 difinisce una “costanza dell’oggetto”. La capacità (inconscia) di considerare l’oggetto del proprio attaccamento (in infanzia la madre e poi il partner in età adulta) come una base stabile e sicura. Compromettendo inoltre l’acquisizione della capacità di contenimento e di elaborazione dell’angoscia.

Sto parlando in particolare di situazioni in cui l’ambiente (inteso come famiglia di origine) sembra essere stato inadeguato a fornire le condizioni necessarie allo sviluppo di un senso identità stabile. In questo modo non avviene l’acquisizione della capacità di contenimento e di elaborazione dell’angoscia.

Può accadere perciò, che la persona si percepisca come fragile, incompleta, bisognosa dell’altro sul quale baserà la propria autostima. Quindi su fonti esterne a sè anziché su fonti interne (propri ideali e valori).

Di conseguenza al mancato riconoscimento da parte dell’altro la persona in questione avrà un forte cedimento dell’idea di sé. Ecco che potrà sperimentare forte ansia e senso di vuoto e ira.

Il legame tra infanzia e relazioni amorose

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Come sosteneva Jhon Bowlby i modelli relazionali sviluppatisi nell’infanzia, detti “Modelli Operativi Interni”, tendono ad essere riprodotti anche nella vita adulta, influenzando la scelta (inconscia) del partner.

Le persone che non hanno sperimentato un attaccamento sicuro spesso sceglieranno partner inaccessibili o poco disponibili.

Nei rapporti amorosi, a prescindere dall’altro, l’ansia d’abbandono si presenta con differenti modalità ed intensità. Questo aspetto dipende da persona a persona. Allo stesso tempo la sindrome dell’abbandono è spesso associata al pensiero che il partner sia inaffidabile, incoerente e che presto possa allontanarsi o “sostituirle” con qualcun’altra “migliore” di loro. La famigerata domanda che cos’ha lei che io non ho!

Di conseguenza queste persone attueranno comportamenti di ipervigilanza (controllo del partner) o richieste di continue rassicurazioni. Il tutto volto da un lato al mantenimento della relazione, dall’altro al confermare che la propria convinzione che qualcosa stia andando storto sia corretta. Il risultato che si ottiene è inevitabilmente è allontanare l’altro avvalorando la fantasia abbandonica.

L’ansia o l’angoscia legata a tale situazione è molto intensa e renderà difficile “vedere” davvero il partner per quello che è. In questo modo è davvero difficile poter comprenderne i reali pregi o difetti e valutare effettivamente se è la “persona giusta”.

Cosa succede quando siamo dominati da quest’ansia?

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Come abbiamo visto la sindrome dell’abbandono porta non solo ad avere una costante ansia di essere abbandonati ma anche una serie di fantasie collegate. La principale è che tutte le relazioni sono destinate a finire. Questo non può che avere delle conseguenze che incidono in maniera decisa sul nostro modo di vivere una relazione.

C’è chi reagisce non legandosi davvero a qualcuno evitando ogni relazione intima. Si determina cioè, una vera e propria paura delle relazioni.

Spesso questa paura è supportata dalla scelta, più o meno inconscia, di partner effettivamente instabili ed inaffidabili. Compagni che, come già detto, ricalcano le figure d’accudimento. In questo modo si trovano conferme che alimentano la fantasia detta abbandonica.

Un’altra reazione tipica consiste nel vivere relazioni piuttosto stabili ma con preoccupazioni costanti e angoscia.  Queste saranno poi esacerbate quando qualche evento confermerà, anche solo potenzialmente, l’idea che l’altro si stia allontanando.

Cosa scatena questa angoscia rispetto all’abbandono?

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A scatenare gli eventi ansiogeni possono essere due tipi di eventi:

  • reali (come una mancata risposta ad un messaggio da parte del partner)
  • fantasticati (immaginare il partner con un’altra donna)

Il problema più insidioso è che chi soffre di sindrome dell’abbandono può arrivare a distorcere la realtà.

Questi pensieri distorti, infatti, hanno come conseguenza quella di generare una serie di eventi spiacevoli. Ve ne cito alcuni: una forte ansia, sensazioni di dolore intenso e ruminazioni mentali. Il tutto porterà a una chiara sensazione di andare in frantumi.

Ma allora come fare a gestire la paura dell’abbandono e l’angoscia che ne deriva?

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A livello di coppia, infatti, è importante mantenere un dialogo aperto e una forte complicità. Bisogna sempre cercare di comprendere le posizioni dell’altro, senza lanciare accuse al partner. L’obiettivo è quello di cercare sempre l’intimità emotiva.

Non dimentichiamo che l’ansia ci rende egoisti, richiedenti o eccessivamente accudenti. Tutti atteggiamenti molto pericolosi. Siamo purtroppo portati a percepire l’altro come se non fosse presente.

Dobbiamo fare molta attenzione perché questi atteggiamenti che in ogni caso rischiano di compromettere il rapporto.

A livello personale, invece, è bene domandarsi cosa sta accadendo dentro di noi. Dobbiamo sforzarci di riconoscere le nostre emozioni. Come si fa? Iniziando a distinguere i bisogni dai desideri e ricordando sempre che sull’altro non abbiamo potere.

Ricordiamoci sempre che non possiamo cambiare nessuno.  Questo è un vantaggio enorme, perché nessuno ha a sua volta il potere di cambiarci. Mentre noi stessi possiamo scegliere di adottare comportamenti che siano più funzionali per la nostra persona (e sicuramente anche per la relazione).

Riconoscere il proprio valore personale coltivando interessi ed amicizie.

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Un ottimo antidoto all’ansia di essere è abbandonati è lavorare su noi stessi e sul nostro valore. Riconoscersi come persone valide porterà ad avere meno timore di essere abbandonate e una maggiore capacità di stare da sole.

Tuttavia può accadere che l’angoscia sia eccessiva. Da soli si potrebbe e non riuscire a tollerare le forti emozioni ad essa associate e a comprendere i meccanismi sottostanti l’innescarsi di tali dinamiche. Il consulto con un esperto può essere un passo fondamentale per contenere le angosce, incrementare l’autoconsapevolezza, dando un significato ai vissuti in funzione della propria storia di vita.

Dott.ssa Eva Iori

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Eva Iori

evaiori@hotmail.it

Eva Iori, nata a Roma  è una psicologa appassionata del funzionamento della psiche che da sempre si è interessata alle problematiche femminili,  e "all'archeologia dell'anima"

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