Come comportarsi con i figli ingrati

Non sempre il rapporto genitore-figlio è idilliaco o equilibrato. Come bisogna agire quando abbiamo a che fare con dei figli che pensano gli sia tutto dovuto?

Come comportarsi con i figli ingrati? Per un genitore sembra una questione impossibile da affrontare, eppure non è così.

Questo è un argomento molto spinoso, mettiamo subito le mani avanti. Non tutti, infatti, attribuiamo alla parola ingrato la stessa definizione e possono esserci anche enormi differenze fra una famiglia e l’altra.

Quali sono le aspettative di gratitudine che abbiamo nei confronti dei nostri figli? Alcune mamme riportano una forte sofferenza davanti a certi comportamenti e si sentono messe da parte e non “ripagate” per il lavoro fatto. È giusto? Tutti i sentimenti sono leciti, ma prima di fasciarsi la testa cerchiamo di analizzare bene come comportarsi se in testa ci ronza la domanda: “E se mio figlio fosse un ingrato?”.

Come comportarsi con i figli ingrati? Partiamo dalla definizione di ingratitudine

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Ingrato: “che non ha e non dimostra gratitudine per il bene ricevuto“. Cosa ci fa dire che nostro figlio sia ingrato?

Se è costantemente maleducato e non si cura minimamente dei propri genitori, forse c’è un problema. Ma se nostro figlio vive la sua vita e ci telefona sì, ma tre volte alla settimana anziché sette, non è certo un ingrato. Stessa cosa se una domenica va a pranzo dalla suocera!

È molto importante identificare comportamenti che siano davvero problematici e non ingigantire atteggiamenti normali: mettetevi in discussione e chiedetevi se davvero il comportamento di vostro figlio sia ingratitudine.

Occhio alla fase della vita!

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Non tutti i momenti della vita sono uguali. Se vostro figlio ha 14 anni può essere che vi sembri non solo insopportabile, ma anche ingrato. Magari vuole la playstation o il motorino e non si rende conto dei sacrifici che state facendo per lui.

Che i genitori ci rimangano male è più che comprensibile, trovare un terreno di dialogo senza drammatizzare è, invece, auspicabile.

State attente a etichettare comportamenti che avvengono in precise fasi della vita, spesso sono naturali espressioni di ribellione e come tali vanno trattate. Se ci sembra, però, che gli atteggiamenti di rifiuto e disprezzo siano eccessivi e frequenti è meglio intervenire con uno psicoterapeuta. Meglio prevenire che curare!

Come comportarsi con i figli ingrati: non possiamo controllare tutto

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Alla nascita dei figli ci convinciamo che con la giusta educazione loro diventeranno ciò che noi desideriamo. Sicuramente si può fare molto attraverso strategie educative e interventi mirati se necessari, ma i figli creano la loro personalità anche in altri contesti oltre quello familiare. È importante, quindi, trattare e considerare i figli adulti come pari nel dialogo.

Questo significa prima di tutto esprimere perplessità e dispiacere davanti a comportamenti che consideriamo ingiusti nei nostri confronti. Per fare questo passaggio è importante mettersi in discussione come genitori, ma anche considerare nostro figlio una persona, non una versione più giovane di noi.

Se certi comportamenti feriscono nel profondo è giusto difendersi e comunicare, con toni calmi e assertivi, il proprio disappunto. Anche in questo caso, qualora la sofferenza fosse molto importante è meglio chiedere aiuto per rispondere alla prima domanda: “Cosa vuol dire ingrato per me?”. Sapersi fare le giuste domande è il miglior modo per iniziare ad affrontare un problema.

Photo Credit: freepik.com

Tata Emma

Milanese Doc! La nostra Tata Emma è una psicologa esperta di bambini e non solo...

2 Commenti
  1. Buongiorno…da insegnante di scuole superiori per 40 anni ho conosciuto vicende familiari di molti allievi, per spontanee confidenze dei loro genitori. Molti figli, soprattutto i figli unici, perdurano nel comportamento adolescenziale, e si aspettano accudimento continuo con comportamenti narcisisti, pretenziosi ed egoisti. In famiglia non muovono un dito con la scusa “ho da studiare” o ” dopo aver studiato sono stanco ” . Non è un loro pensiero dare una mano. Ho la sensazione che le tendenze psicologiche guardino alla realtà familiare focalizzando ” i disagi, il benessere, le aspettative o i progetti sul piano INDIVIDUALE ” , ma trascurando che sul piano antropologico la famiglia non ha il suo senso di essere al solo scopo procreazione e successiva coabitazione di “individui isolati” . L ‘uomo è un animale sociale, con la spinta ad aggregarsi con altri individui per costituirsi in società. Questa funziona se ciascun membro ha il suo ruolo attivo e in base all’età offre un proprio contributo e supporto. Si tratta di educare a questo concetto, ma raramente ho visto un lavoro da parte degli psicologi per richiamare bambini e ragazzi al dovere di collaborazione sociale, anche come strada per il benessere personale. Si parla di “malessere dei giovani” per diritti perduti, ma i diritti vanno a braccetto coi doveri, o quanto meno i diritti propri vanno riconosciuti simmetricamente ai propri! Inoltre vedo poco coltivata l’educazione all’empatia. Nella storia del popolo italiano i legami di sangue erano valore sacro e indiscutibile. Esserci gli uni per gli altri, resta unico collante fra consanguinei ed amici, e non si tratta di catena soffocante , ma di punto di riferimento rassicurante, “luogo di certezze psicologiche” , di appoggio psicologico di medicina contro il senso di solitudine ..
    Mi pare che la giusta rotta da ritrovare sia proprio il recupero dell’affettività familiare come calore umano. Forse bisogna proprio tornare al concetto degli indigeni d’ America, che per dire TI AMO o TI VOGLIO BENE dicevano … CI SONO PER TE!…..”
    Tanti giovani oggi, ai genitori non chiedono nemmeno…”come stai?” ….. Si ricordano solo di chiedere e poi trattano i genitori senza affetto e senza rispetto…purtroppo.

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