Perfetti o felici. Diventare adulti in un’epoca di smarrimento è il titolo dell’ultimo libro della famosa psicoterapeuta Stefania Andreoli. Le domande da cui Andreoli parte sono tante e complesse, ma forse la più pressante riguarda il significato dell’essere adulti nel mondo di oggi.
Pandemia, crisi economica e catastrofi ecologiche sono, infatti, sfondo della quotidianità di migliaia di giovani adulti che si affacciano al mondo, forse con più timore che speranza.
Il mondo dei nostri genitori -alcuni ormai diventati nonni- sembrava certo più rassicurante. Diventare adulto significava, infatti, trovare un lavoro, sposarsi e avere una famiglia. Certo, qualcuno o qualcuna che non seguisse proprio pedissequamente questo schema c’era, ma molte scelte di vita sembravano semplici e accessibili.
L’età del giovane adulto ai nostri giorni
Oggi le persone tra i 20 ai 40 anni si trovano a affrontare difficoltà non banali per ottenere qualcosa che la generazione precedente aveva sicuramente dato per scontato. I costi degli affitti schizzano alle stelle e la precarietà lavorativa sembra essere la cifra del nostro tempo.
Molte di noi sono cresciute guardando Sex and The City e sognando New York e un lavoro strapagato e soddisfacente… Poi ci siamo trovate a condividere una casa con altre coinquiline, saltando da uno stage all’altro, maledicendo il giorno in cui qualcuno ci ha detto che dovevamo inseguire un sogno.
Su MadeleineH.it parliamo della nostra quotidianità senza troppi fronzoli. Lo facciamo per quanto riguarda questioni di cuore, maternità, lavoro. Cerchiamo di lasciare spunti di riflessione che permettano a chi ci legge di sfuggire da perfezionismo e soprattutto dal costante giudizio di una società che ci vuole madri, mogli ma anche in carriera, bravissime in cucina e in buona forma fisica.
Essere persone “normali”
Le persone normali sbagliano, aggiustano il tiro, imparano dagli errori e poi riprovano. Ma sono anche capaci di riconoscere che, a volte, fanno il massimo e le cose non girano lo stesso. E allora ci si può rifugiare in una serata con le amiche, nel supporto dei nostri cari, in un hobby o un buon libro. E anche, senza paura, chiedere aiuto a un terapeuta se si sentisse il bisogno di acquisire nuove consapevolezze su di sé e sul mondo che ci circonda.
Il giovane adulto degli anni 2000, come dice Andreoli vive “un’epoca di disorientamento”, ma anche un’opportunità di rompere il circolo vizioso che ci preferisce alla ricerca della perfezione più che della felicità, incapaci di ascoltare davvero i nostri desideri.
Stop alle aspettative
Lo ripetiamo spesso: “vincere” nella vita significa avere le idee chiare su cosa si desidera. Ma soprattutto su chi si vuole essere come persone (e come amiche, madri, figlie, partner) al di fuori di quello che gli altri e il mondo si aspetta da noi.
Anche a costo di dire alla zia impicciona che no, non vogliamo figli o che non ci sposeremo mai, per scelta. O che abbiamo deciso di optare per un lavoro meno stressante, perché abbiamo capito che diventare CEO di Google non è nei nostri piani. O, ancora, che andremo nello spazio anche se siamo mamme, come Samatha Cristoforetti.
E allora cosa ci auguriamo per il giovane adulto di oggi? Di essere una persona sufficientemente sicura di sé. Di costruire giorno per giorno e in modo creativo nuovi modi per navigare nel complesso (ma anche affascinante) mondo in cui viviamo.