Da dove nasce la paura di amare?

I sentimenti sono meravigliosi e possono colorare la nostra vita. Allo stesso tempo, però, possono crearci malumori, ansia e terrore. Ecco perché è importante affrontare la questione e capire bene da dove nasce la paura di amare!

La domanda che ci poniamo oggi è semplice: da dove nasce la paura di amare? Nel precedente articolo, infatti, abbiamo definito cos’è la Philofobia ossia la paura di amare (potete recuperare l’articolo cliccando QUI .vediamo ora da vicino quali sono le cause che ne determinano la comparsa.

Diciamolo subito e scanso di equivoci, la paura di amare può insorgere dopo una profonda delusione. Tuttavia, diversi autori, da Freud a Bowlby, hanno analizzato il fenomeno dei legami affettivi. Questi concordano con il fatto che la fonte principale di questi problemi sia attribuibile alla relazione con i propri genitori durante l’infanzia (Tavormina, 2014).

In questo periodo sviluppiamo il primo legame di attaccamento con una figura di riferimento, una madre o chiunque altro si occupi di noi (caregiver). Questa prima modalità di attaccamento farà da modello per le relazioni successive.

Nelle persone che sviluppano la philofobia, possiamo ritrovare durante l’infanzia un rapporto conflittuale con i genitori. Queste persone, infatti, si sono sentite sminuite o criticate dalle figure di accudimento.

È bene che io specifichi che ciò è avvenuto in modo più o meno reale. Bisogna infatti sempre considerare come la persona vive l’evento, e non solo l’evento in sé. Ciò, aumenta la paura di essere rifiutati e addirittura abbandonati. Accade quindi che in tutte quelle situazioni in cui c’è la possibilità di amare ed essere amati, la persona fugge per il terrore di essere, o sentirsi, abbandonata proprio com’è accaduto con i propri genitori.

Da dove nasce la paura di amare: osserviamo da vicino le varie dinamiche

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In altri casi invece può accadere che i genitori siano stati percepiti come eccessivamente invadenti e oppressivi negando la separatezza del figlio. Questo può portare la persona ad associare inconsciamente l’amore alla paura di essere annientati.

Karen Horney (1932) interpretò il fenomeno come il fallimento nel superare il complesso di Edipo. Da un punto di vista emotivo, la Horney ipotizzava una possibile carenza affettiva durante l’infanzia. Secondo l’autrice ciò, determinerà la difficoltà di amare in età adulta.
Guy Corneau (1997), affermava che i philofobici possono essere di tipologie differenti.

Spesso nell’uomo si ritrova la presenza di una madre molto apprensiva e un padre assente ed emotivamente distaccato. Questa determina un legame di dipendenza e passività. La crescita del ragazzo avviene in fusione/confusione con la madre. Pertanto intrappolato nel complesso materno.

La madre sostituisce il legame col marito assente con un “matrimonio simbolico” con il proprio figlio. Questo compromette l’esito del complesso di Edipo. L’uomo a tal punto non lasciando la madre all’unione col padre non potrà sostituirla con un’altra donna.

Cosa accade allora nelle relazioni amorose?

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La relazione adulta con un partner femminile sarà spesso “confusa” con una relazione con la propria madre. Infatti, la scissione fra amore e sesso è obbligata: si preferiranno relazioni sessuali con altre donne, ma l’amore non è contemplato poiché è vissuto come un atto di tradimento verso la madre.

Uno scenario possibile è quello in cui le relazioni affettive sono instaurate con donne dominanti in cui non c’è spazio per la propria individualità.
Vi sono poi uomini totalmente sopraffatti dalla madre. La loro personalità non può esprimersi e la paura del potere femminile alimenta l’incapacità di amare.

Come capire se abbiamo a che fare con una persona che ha paura di amore?

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Come abbiamo detto, chi soffre di questo disturbo, improvvisamente riduce il numero delle telefonate, degli sms, degli incontri fino a sparire. Con il ghosting, chi soffre di philfobia, si risparmia il gravoso compito di dover affrontare il modo attivo il problema, sprofondando nei suoi sintomi senza dover condividere nulla con il partner poiché è proprio dall’unione e dalla condivisione che fuggono.

La philofobia può non essere del tutto cosciente ed essere, di volta in volta, attribuita a un contesto, proiettata all’esterno come detto si tende a razionalizzare attribuendo logiche apparenti. Chi soffre di philofobia, inoltre, può condurre una vita apparentemente normale perché nella gran parte dei casi, il disturbo è localizzato solo nella sfera sentimentale.

Queste persone oscillano tra la paura della solitudine e la paura della coesione con l’altro (e quindi dell’abbandono). A causa di questo conflitto interiore provano sentimenti di amarezza, sconfitta, senso di inadeguatezza, di inutilità, esclusione e credenza che ogni storia, prima o poi, dovrà finire e il suo fare marcia indietro prima del tempo.

Da dove nasce la paura di amare? Parliamo di ghosting!

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Con il ghosting, non fanno altro che anticipare un evento che sarebbe comunque inevitabile. Il ghosting tuttavia è un comportamento messo in atto anche da chi ha un disturbo narcisistico di personalità. L’esito generale può essere sovrapponibile tuttavia le cause sono solitamente diverse.

La philofobia è un quadro patologico in cui un soggetto ha una paura incontrollata e irrazionale di innamorarsi e di intrecciare relazioni sentimentali/affettive con qualcuno. Di per sé, questo non comporta che il soggetto sia necessariamente narcisista (anche se non è escluso).

Si tratta più spesso di persone che soffrono di fobia sociale o da un disturbo della personalità di tipo evitante. Ossia, individui con una tendenza ad evitare tutte le situazioni sociali poiché causa di forte ansia. Spesso sono introversi anche verso le persone che conoscono da molto tempo, familiari compresi. Tendono a non esprimere i loro sentimenti. Spesso sono affetti da alessitimia (incapacità di dare un nome alle emozioni).

Ma allora qual’è la differenza tra philofobico e narcisista?

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Il narcisista a differenza è preso solo da se stesso e dal proprio Ego, che deve compiacere a tutti i costi. Non è in grado di innamorarsi, non ne ha gli strumenti. Avverte un vuoto affettivo e relazionale derivata dalla frustrazione di aspettative o standard mai raggiunti.

Pensa di innamorarsi, crede di essere innamorato, cerca un partner o semplicemente degli amici e si convince di averne, ma, di fatto, nessuno può essere amico o partner di un narcisista, perché il narcisista, vittima dell’idealizzazione irrealistica di un sé privo di difetti, non può essere amico o partner di nessuno.

Non può provare attaccamento verso un oggetto al di là di sé, pertanto non può riconoscere l’altro come oggetto autonomo degno di considerazione affettiva.

Entrambi i disturbi tuttavia (narcisistico ed evitante), sono contraddistinti da una grande insicurezza di fondo e da sentimenti di inadeguatezza verso la propria persona.

Cosa possiamo fare per superare la philofobia?

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Se è il nostro partner a mettere in atto comportamenti ambivalenti rispetto alla nostra relazione è importante lasciargli i suoi spazi e concedendogli i suoi tempi. Un atteggiamento troppo pressante può solo aumentare la paura e la conseguente fuga, anche se tuttavia nel caso in cui la persona non sia disposta ad un cambiamento possiamo davvero poco.

Se invece siamo noi a temere la vicinanza emotiva è importante:

1- Non farci condizionare dalle nostre paure. Non dare per scontato che se abbiamo vissuto esperienze negative queste debbano necessariamente riproporsi. Spesso inconsapevolmente cerchiamo proprio le persone che ci confermino i nostri timori o partner che ricalcano le nostre figure genitoriali.

2- Parlare apertamente con il nostro partner delle nostre ansie e dei nostri bisogni. Costruire un rapporto di apertura e fiducia. L’altro non può comprendere cosa stiamo sperimentando se non condividiamo i nostri pensieri. Inoltre esprimere apertamente i nostri timori ci consente di ridimensionarli.

È molto importante diventare pienamente consapevoli dei propri vissuti emotivi, riconoscerli e riuscire a verbalizzarli. Il primo passo è chiedersi cosa stia accadendo, cosa realmente si teme, anziché seguire l’impulso di fuggire. Fuggire rafforza la paura. Pensare, permette di affrontare l’angoscia legata al tumulto emotivo. Tuttavia affrontare da soli le proprie paure è complesso, più semplice con l’aiuto di un professionista.

La psicoterapia fornisce l’opportunità di sperimentare fiducia, amore e la possibilità di affidarsi all’altro. Un professionista, infatti, ci può spiegare chiaramente da dove nasce la paura di amare che abbiamo nel cuore.

Bibliografia

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Eva Iori

evaiori@hotmail.it

Eva Iori, nata a Roma  è una psicologa appassionata del funzionamento della psiche che da sempre si è interessata alle problematiche femminili,  e "all'archeologia dell'anima"

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