Cara Penelope,
oggi scrivo a te che hai solo 4 mesi, che inizi a conoscere il mondo attraverso i tuoi occhioni blu, le tue manine piccole e quelle labbra stupende (eredità materna). Non so se quando sarai grande abbastanza per leggere – e capire – questa mia lettera, il mondo che abbiamo oggi con internet, blog, televisione e cartoni esisterà ancora. Tutto evolve così rapidamente che mi chiedo spesso in che mondo ho deciso di metterti.
Ora tu stai nella tua sdraietta, giochi beata con gli orsetti e con la luna, ma non sai che esattamente un anno fa mamma e papà hanno rischiato di perderti. Era un giorno speciale, perché avevamo la prima ecografia e ti avremmo visto per la prima volta, ma al tempo stesso era un giorno triste e impegnativo.
Pochi giorni prima un collega della mamma – una persona davvero speciale – era venuto a mancare all’improvviso. La mattina era con noi in ufficio, il pomeriggio se n’era andato per sempre, portato via da un banale incidente domestico. Per la mamma fu un colpo e proprio quel sabato era andata ai suoi funerali, un momento davvero toccante e straziante.
Tornata a casa, però, mi aspettava una brutta sorpresa: delle abbondanti perdite ematiche che significavano solo una cosa, minacce di aborto. Rischiavo di perderti, o, peggio ancora, ti avevo già persa. Sapevo da pochissimo di essere incinta ed ero al settimo cielo perché ti avevo aspettato e desiderato tanto.
Ricordo ogni cosa di quel momento, il terrore, la faccia sconvolta di tuo padre, la corsa folle tra le lacrime in clinica dove ci aspettava Zia Cristiana per l’ecografia. Sarebbe dovuto essere un ricordo bellissimo, invece, fu devastante. Piansi fino all’arrivo in clinica. Quando vidi la mia ginecologa – che da molto prima della laurea in medicina è una delle mie più care amiche – pallida sotto l’abbronzatura, capii che la situazione era grave.
Iniziammo la visita e la prima cosa che mi disse fu: ‘Il bambino per fortuna c’è ancora… ma ora devi stare a letto immobile’. Mi spiegò tutto quello che era successo, mi mostrò tutto, soprattutto l’area di distacco che era enorme rispetto alla camera gestazionale dove c’eri tu, un piccolo puntino. Da quel momento iniziò un periodo stranissimo, ero bloccata a letto, ma non volevo vedere nessuno. Ci ho messo giorni per chiamare le mie amiche e raccontare loro cosa stavo passando e lo sai, per la tua mamma che condivide con le zie qualsiasi cosa, è stranissimo.
Ho passato due mesi a leggere, a guardare la televisione e a giocare con il computer, ma non riuscivo a fare nient’altro, anche se avrei potuto dedicarmi ai miei mille interessi. Era come se non riuscissi a fare niente, a pensare a niente, ma solo a te e al fatto che non potevo perderti. Mi alzavo pochissimo e per muovermi il meno possibile bevevo con la cannuccia e devo fare una statua a tuo padre per essermi stato vicino quasi 24 ore su 24.
Ricordo che il tempo non passava mai, novembre (quando finalmente sarei entrata nel quarto mese e avrei potuto uscire indenne dalla zona rossa del pericolo, sembrava lontanissimo). Alla fine, però, le cose sono andate per il meglio. Tu hai dimostrato sin da quando eri solo un fagiolino – anzi no una lenticchia decorticata – di avere una forza e un attaccamento alla vita uniche e insieme ce l’abbiamo fatta. A dicembre sono rientrata in ufficio ed è iniziato il periodo più bello della mia vita.
Aspettarti e vederti crescere dentro di me è stato unico e proprio per questo oggi, che tu ti sei addormentata accanto a me mentre giocavi serena, il mio pensiero va a tutte quelle mamme che stanno vivendo quello stesso incubo. A loro posso dire che spesso le minacce di aborto hanno un lieto fine, di lottare, di non cedere e di cercare di mantenere la calma e di stare tranquille anche nei momenti più duri.
Sappi che mi reputo ogni giorno fortuna per essere passata indenne da quella dura prova, ma forse quelle brutte minacce di aborto sono servite a rendere ancora più speciale la gravidanza, a vivere con gioia ogni momento,, anche i più difficili.
Ti amo infinitamente,
la tua mamma
Cara Madeleine,
non ho potuto fare a meno di commuovermi leggendo le tue parole.
Sono mamma di Francesca, 3 mesi e mezzo di puro amore e, lo scorso novembre, ho passato esattamente quello che hai passato tu. Un grave lutto in famiglia e, andando in bagno al rientro a casa, un lago di sangue. Ero di 8 settimane.
Avevo già fatto la prima ecografia la settimana precedente, avevo già visto il suo cuoricino che batteva, ed ero già una mamma dal momento in cui avevo visto quella doppia lineetta sul test.
Con quelle macchie è iniziato l’incubo. Anche io corsa in ospedale. Anche io ecografia. Anche io estesa area di disimpianto. Anche io a letto, immobile, sotto progesterone, mattina e sera, per almeno un mese. Ricordo quel periodo fatto di tv, libri, giornate lente, lacrime e ansia aspettando i controlli per vedere come procedeva la situazione.
Per fortuna, come nel tuo caso, anche io ho avuto il mio lieto fine.
Dopo un mese di stop, a dicembre ho ripreso la mia vita di tutti i giorni, ed è stato stupendo: vederla crescere nelle ecografie, guardare la mia pancia muoversi e sentire la vita, la SUA vita, crescere dentro di me è qualcosa che può capire solo chi, come te, ha vissuto la stessa cosa.
E ora sono qui, con la mia pulciotta..la guardo e penso che sì, è stata proprio una guerriera!
Ti abbraccio
Silvia
Anche io mi sono commossa leggendo questo commento. Siamo fortunate perché ce l’abbiamo fatta, mentre tante purtroppo non hanno avuto la stessa gioia. Godiamoci anche per loro le nostre piccole combattenti!!!!!