Da dove viene la rabbia?

Capita a tutti di arrabbiarsi. È naturale provare rabbia in occasione di eventi avversi o situazioni che ostacolano il raggiungimento dei nostri obiettivi. Ma da dove viene la rabbia?

Da dove viene la rabbia? Ottima domanda. Alcune persone sono serene e capaci di lasciarsi scivolare addosso ogni cosa. Altre si arrabbiano più frequentemente e altre ancora lo fanno in maniera sproporzionata rispetto all’evento.

Quali sono le caratteristiche di queste persone e soprattutto cosa fare quando la rabbia diventa causa di disagio fino a compromettere rapporti sociali, affettivi e lavorativi?

Riconoscere un’emozione fondamentale

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La rabbia è un’emozione difensiva che ha una forte valenza funzionale. Ci permette di attuare comportamenti di attacco o fuga di fronte a situazioni che reputiamo potenzialmente minacciose. Si tratta, tuttavia, di un’emozione difficilmente riconosciuta dagli individui come determinante del proprio comportamento. Questa è infatti associata alla parte più aggressiva della personalità, ed è quindi interpretata come negativa.

La rabbia si genera in noi quando viene invaso il campo del nostro equilibrio psicologico facendoci sentire attaccati nel profondo del nostro Sé.

Rabbia e società

La Rabbia è un’emozione viscerale e innata che la civiltà ha controllato e ridimensionato attraverso l’introduzione delle norme sociali, creando modelli di comportamento più accettabili e orientati alla razionalizzazione. Un esempio? Il confronto verbale e lo scambio di opinioni.

La rabbia tuttavia, in alcune persone, può divenire persistente e reiterata, perdendo il carattere transitorio e situazionale che le spetta. L’individuo che la sperimenta in questo modo, tende ad arrabbiarsi in maniera feroce di fronte ad ogni stimolo ansiogeno e contrario alla propria volontà.

Le persone che sperimentano rabbia cronica presentano caratteristiche di insicurezza emotiva, mancanza di riferimenti positivi e alta suscettibilità al giudizio altrui. Si arrabbiano sempre per affrontare, esorcizzare e allontanare da sé la paura del rifiuto e del non riconoscimento, del non amore.

Un’emozione che ha radici antiche

Giuditta che decapita Oloferne è un dipinto a olio su tela (146x108cm) realizzato nel 1620 circa dalla pittrice italiana Artemisia Gentileschi. rabbia
Giuditta che decapita Oloferne, olio su tela, Artemisia Gentileschi (1620 circa) / Wikipedia.

La rabbia – spesso inconscia – non è direttamente correlata con l’evento che incorre nel qui ed ora. Questa infatti riattualizza moventi e cause legate a situazioni vissute nel passato. Il senso di vuoto e di assenza percepiti dalle persone che si arrabbiano sempre, sono spesso il risultato di relazioni genitoriali imperfette.

Paura, angoscia e inadeguatezza vengono ri-sperimentate, nel tentativo illusorio di riparare una vecchia ferita.
Heinz Kohut (padre della Psicologia psicoanalitica del Sé), a tal proposito parla di “rabbia narcisistica”, esplosiva, proprio come conseguenza di relazioni primarie imperfette.

Cosa scatena la rabbia?

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Facciamo qualche esempio. Se proviamo forte rabbia per non essere riusciti a portare a termine un compito alla perfezione, con tutta probabilità ci stiamo difendendo da vissuti di inadeguatezza. Se ci arrabbiamo quando un ostacolo si frappone tra noi e i nostri obiettivi, probabilmente abbiamo nel nostro bagaglio emotivo ed esperienziale, vissuti di ingiustizia subita e mancato riconoscimento dell’individualità.

Le esperienze vissute possono sedimentarsi nell’inconscio e agire sul nostro comportamento nel presente provocando disagio e malessere. Elaborare le esperienze passate, svincolandosi da esse, disinvestendo le energie in esse intrappolate, ci può liberare dalla rabbia, soprattutto quando diventa cronica. Guardarci dentro e prendere consapevolezza dei nostri vissuti ci consentirà di imparare a rispondere in maniera più funzionale e produttiva agli eventi avversi.

Eva Iori

evaiori@hotmail.it

Eva Iori, nata a Roma  è una psicologa appassionata del funzionamento della psiche che da sempre si è interessata alle problematiche femminili,  e "all'archeologia dell'anima"

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